Adagiata in una zona pianeggiante nel lembo estremo del tacco d'Italia, Lecce (m.49, ab.97.458) ha mantenuto inalterato nei secoli un clima di aristocratico distacco verso le sollecitazioni del nuovo. E appare al visitatore raccolta, ovattata, elegante, suggestiva. In particolar modo al calar del sole, quando illuminata dal chiarore delle moderne lanterne, mette in mostra il complesso unitario di tesori artistici che le hanno valso l'appellativo di “Firenze del Barocco”, coniato nel XIX sec. dallo storico tedesco Ferdinand Gregorovius. Ecco allora i piccoli scrigni che si aprono nel centro storico dalle tortuose vie: palazzi, chiese, conventi, espressioni di epoche più o meno ricche ma tutte accomunate dall'uso di materiali poveri, come la tenera e bianca pietra locale che si patina di un caldo colore dorato al contatto dell'aria. Fu proprio l'uso di questo calcare marnoso, leggero e poroso, a permettere l'originalità e la ricchezza (persino ridondante nei motivi decorativi) che impressero un'impronta peculiare e unica al barocco salentino, profondamente differente da quello romano e napoletano. Da un punto di vista artistico sono proprio il 600 e il 700 i secoli che più caratterizzano la fisionomia della città. Spirava aria di Controriforma. La drammatizzazione della fede, l'esibizione della religione si imponeva attraverso la spettacolarizzazione dei riti e dei monumenti, per diventare uno strumento di conquista, di evangelizzazione, di persuasione e di indottrinamento. Le chiese, ma non solo, cominciarono ad assumere sembianze teatrali, arricchite come erano da stucchi, marmi, statue balaustre, puttini, pinnacoli, arredi in oro ed argento. Ed è a Lecce che il gusto della finzione, della leziosità, il desiderio dell'apparire raggiunse i toni più alti, nella meravigliosa bizzarria architettonica e scultorea. Dopo la rivolta di Masaniello (1647) e il ritorno degli spagnoli a Napoli. Lecce diventò un vero e proprio cantiere edilizio: maestri come Giuseppe Zinbalo, Giuseppe Cino, Mauro Manieri, sostenuti da vescovi mecenati, dettero un contributo essenziale all'affermazione del gusto barocco e della cultura napoletana a Lecce, furono al contempo architetti e scultori, capaci di riprendere le forme dei luoghi di culto della Controriforma vivacizzandole con un tripudio di ornamenti di influenza spagnola, che sembrano quasi vivere e crescere sulle architetture. Costoro dettero origine a un'interpretazione esuberante, gioiosa del barocco: vasi di fiori e frutta, mostri dalle fattezze di chimere e centauri, incredibili ceselli, colonne tortili, bizzarre cariatidi. Un tumulto di creatività ricercata, resa possibile solo grazie alla proprietà della pietra leccese, un calcare marnoso talmente tenero da poter essere lavorato con la lama del cortello. Incessante fu il lavoro creativo di scalpellini e capimastri che intervennero di preferenza sulle facciate delle chiese e cappelle. Ben oltre 40 chiese sorsero o furono ristrutturate, e di lì a poco vennero contagiate anche realtà “extraprovinciali” (Taranto, ma soprattutto Brindisi). Sorsero anche sontuose facciate di palazzi che celebravano la potenza dei nobili latifodisti locali desiderosi di affermare il prestigio del loro casato.Fu un tripudio originale e geniale di decorazioni, che nel XVIII sec. si spinse fino ai toni di un sottile e raffinato rococò. La realtà storica, artistica e culturale di Lecce non è però solo barocco. Proprio la presenza, al centro della città, del teatro e dell'anfiteatro di età adrianea, e di alcune tombe messapiche suggerisce di cercare le radici dell'abitato in epoche più remote. Della romana “Lupiae” che fu prima “municipium” e poi colonia grazie a Marco Aurelio nato da queste parti, parla già Strabone, e da quel toponimo sembra derivare anche la figura della lupa che campeggia nello stemma cittadino. Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente , Lecce decadde al pari di altri centri per le invasioni dei barbari e, successivamente, anche a causa della guerra tra Goti e Bizantini. L'epoca bizantina favorì l'ascesa di Otranto che divenne il centro più importante del Salento imponendo il proprio nome all'intera area (la terra d'Otranto). Con l'arrivo dei Normanni nel 1069 Lecce diventò contea e vi si cominciarono a insediare ordini religiosi,soprattutto benedettini, con il preciso scopo di combattere l'egemonia culturale di Costantinopoli; sorsero così chiese e monasteri (Ss.Nicolò e Cataldo, S. Maria a Cerrate) di chiara influenza occidentale. Gli Svevi invece, la trascurarono, mentre gli Angioini, attraverso le potenti famiglie dei Brienne e degli Enghien (quest'ultima unitasi agli Orsini del Balzo), le diedero un nuovo assetto, permettendole di superare gli angusti confini locali e aprendola ai commerci con la potente Repubblica di Venezia. Una crescita di autorevolezza, da allora in poi mai più interrotta, grazie anche al progressivo decadimento della rivale Otranto. La risposta degli Aragona, diventati i nuovi padroni della contea, alle invasioni musulmane che avevano messo a dura prova la costa a fine sec.XV fu quella di proteggere al meglio il territorio e la città . Sorsero così castelli, mura e torri fino alla costa, anche se solo con Carlo V Lecce vide una vera e propria riorganizzazione urbanistica , che le conferì l'aspetto che ancora oggi la caratterizza (furono allora innalzati il Castello e la mura difensive) e la trasformò in sede di tribunali e di uffici periferici dello Stato. Con la battaglia di Lepanto (seconda metà del '500) si pose la parola fine alla minaccia dei Turchi, e con il concilio di Trento ci fu la diffusione di potenti ordini religiosi controriformati, come i Teatini e i Gesuiti. Ma furono soprattutto i Domenicani e i Celestini a segnare la storia della città e a darle, come già detto, un nuovo impulso artistico, contrapponendola alla scuola romana e napoletana. La soppressione di tali ordini dette avvio a successivi interventi sull'edilizia civile, prima sacrificata in nome di strade regie. Persino la stessa piazza principale del capoluogo ha visto stravolta , nel primo cinquantennio del XX secolo, la sua fisionomia: dapprima con gli scavi archeologici dell'anfiteatro, poi con l'abbattimento del circostante tessuto edilizio sei-settecentesco per far posto alla costruzione di nuovi edifici. Oggi Lecce è un vivace centro economico e culturale, l'antica tradizione di studio, sviluppata dagli Aragonesi, continua nella qualificata Università che richiama centinaia di giovani provenienti anche dalle vicine regioni e dalla Grecia. Le aree di recente espansione presentano buoni livelli urbanistici per una elevata qualità della vita : architetture di buon gusto, strade ampie, centri sportivi, verde pubblico, piste ciclabili. La Lecce vecchia a pianterreno dei palazzi cinque-secenteschi ospita creperie, pub, bar alternati a negozi e boutique splendidamente arredati (vedi via Palmieri). La popolazione dimostra una cortesia quasi d'altri tempi e la convinzione di vivere in uno spazio “vissuto” felicemente; a ciò si aggiunge una sensibilità per le diverse forme di progresso culturale e spirituale con l'organizzazione di molteplici manifestazioni quali la stagione lirica e di prosa nei tre teatri, la rassegna cinematografica “Cinema e Mezzogiorno”, una operosa e qualificata compagnia teatrale, la mostra del fiore, la mostra del presepe e dei pupi di cartapesta, gli spettacoli estivi di prosa nel suggestivo scenario dell'anfiteatro romano. Iniziamo La visita di Lecce dal cuore della città. Una vera e propria teoria di edifici di culto barocchi caratterizza via Libertini (chiusa da Porta Rudiae): il Duomo, chiesa S. Teresa, S. Anna, la chiesa del Rosario. Piazza Duomo Una sorta di propileo coronato da balaustra con statue segna l'ingresso a questo ampio cortile aperto alla città solo nel 1761, cui fa da raffinata scenografia la serie di edifici che sono tra le maggiori espressioni del barocco leccese: il Duomo, il palazzo vescovile e il seminario. Duomo Il primo luogo di culto eretto dal vescovo Formoso intorno al 1100, fu ristrutturato intorno al '600 a opera di Giuseppe Zimbalo, a lui si deve anche il campanile a cinque piani. Due le facciate completamente diverse: quella collocata frontalmente alla piazza è più vicina al barocco locale per l'esuberanza delle decorazioni, l'altra (guarda al palazzo vescovile) è più sobria. L'interno è a croce latina su tre navate e con soffitto ligneo a cassettoni, conserva preziosi altari in pietra leccese eseguiti da Giuseppe Cino e Cesare Penna. La cripta è del 1517. Chiesa del Rosario Fu ricostruita nel 1691, su una precedente fabbrica trecentesca, da Giuseppe Zimbalo . E' a croce greca , ha ricchi altari, il pulpito è l'unico in città ad essere realizzato in pietra leccese. Sant'Irene Chiesa anche detta dei Teatini. Fu terminata nel 1639 con un livello di sontuosità che rivela quanto sentita fosse la devozione della santa patrona della città prima di Sant'Oronzo. L'elegante prospetto richiama lo stile romano cinquecentesco. L'interno contiene alcuni altari tra i più fastosi della scultura barocca leccese. S. Matteo Questa chiesa del '700 è nascosta in un tessuto urbano medievale. E' diversa dai modelli architettonici delle altre chiese: ha una facciata composta a due piani, però i due pinnacoli sono riccamente decorati. Basilica di Santa Croce E' il più famoso esempio di barocco salentino, opera di Gabriele Riccardi che vi cominciò a lavorare intorno al 1549 su un antico luogo di culto, l'edificio fu ultimato quasi un secolo e mezzo dopo. Di Antonio Zimbalo sono il protiro e i portali laterali (1606). La facciata è un tripudio di ornamentazioni soprattutto nella parte alta dove la balaustra è affollata da 13 putti abbracciati ai simboli del potere spirituale e temporale; il timpano è fitto di intagli; nel piano più alto, la croce incorporata nello stemma dei Celestini attesta il trionfo della cristianità sul paganesimo. L'interno è chiaro e luminoso, di particolare bellezza e ricchezza decorativa sono gli altari. |